Beni da coltivare

Uno spazio aperto e condiviso.
Beni da coltivare
Traguardo:
€10.000

Cascina Caccia è intanto un bene confiscato alle mafie. Il bene apparteneva alla famiglia ‘ndranghetista dei Belfiore: Domenico Belfiore era reggente di una vera e propria associazione di stampo mafioso che controllava l’area metropolitana nel traffico di stupefacenti, usura, sequestri di persona, gioco d’azzardo e scommesse. Inoltre venne condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio del Procuratore Capo di Torino Bruno Caccia, ucciso il 26 giugno 1983 a Torino.

Cosa si fa in Cascina Caccia: la storia di Cascina Caccia, simile a quella di molti altri beni confiscati, è specchio delle difficoltà che ancora accompagnano i percorsi di riscatto di beni alla criminalità organizzata. Ma nonostante gli impedimenti, queste esperienze devono continuare ad esistere, perché, come sottolineato dal fondatore di Libera Don Ciotti, non sono solo uno schiaffo alle organizzazioni criminali e uno strumento per indebolirle nell’accumulazione illecita di capitali, ma sono opportunità di lavoro, di economia sana e trasparente e prima ancora di cambiamento culturale. Nel concreto, oggi la Cascina lavora su 4 assi principali: la memoria, la comunità, l’educazione e la produzione. Il bene è stato dedicato alla memoria di Bruno Caccia e di sua moglie Carla: a Bruno poiché proprio dalla Cascina partì l’ordine di ucciderlo ed è quindi un simbolo della lotta alle mafie nel Nord Italia, a Carla che ha desiderato la verità sull’uccisione di suo marito.

Oggi Cascina Caccia è prima di tutto una casa, abitata da giovani che se ne prendono cura trasformandola in uno spazio che vuole essere condiviso e aperto a tutti: una comunità di vita accogliente che cerca di estendere il senso di comunità verso il territorio in cui è inserita e le persone che desiderano fermarsi per brevi o lunghi periodi. Ad oggi il bene è uno spazio rivolto all’educazione alla legalità, ma non solo: è un’area al servizio di tutta la comunità di San Sebastiano e dei comuni limitrofi. Il bene confiscato è quindi teatro di corsi e laboratori autogestiti che si affiancano alle migliaia di studenti da tutta Italia che ogni anno visitano il bene confiscato più grande del nord Italia. Sul terreno infine, oltre ad uno spazio dedicato all’orto, al noccioleto e ad alcuni piccoli animali della fattoria, è stato creato uno spazio per le api. Ormai sono cinquanta le famiglie che permettono di avere il primo prodotto a marchio Libera Terra del nord Italia: il miele.

Aperto il 22/06/2019
Un progetto a cura di:
Associazione Acmos